“Come miele e cannella”: vi presentiamo Virginia e il suo mondo
Esce oggi, 28 marzo, il primo romanzo di Giovanna Caldara, Come miele e cannella, un romanzo intenso, con tutti i colori della passione e i sapori autentici dell’Amore con la A maiuscola.
Virginia è una ragazza come tante, o forse no. Di sicuro ancora non sa chi è davvero. Ha costruito attorno a sé delle barriere per non farsi toccare più dal dolore, che conosce fin troppo bene. Ironica, pungente, forse un po’ troppo critica, ma senza dubbio goliardica e simpatica. L’amore la coglie all’improvviso quando conosce Lorenzo, un manager di successo, troppo bello e troppo affascinante. Ma lei non è abituata al lieto fine e non crede più che esista un Principe Azzurro pronto a salvarla.
Virginia e il suo timido mondo, tana perfetta dove nascondere i suoi difetti, d’un tratto spalancato dal dolce sapore del miele e dal tenace profumo della cannella.
Giovanna, come nasce la tua passione per la scrittura?
La verità è che non lo so. Ho sempre scritto, è da sempre il mio metodo espressivo preferito; scrivo molto più di quanto parlerò mai. Credo che le passioni siano qualcosa che ognuno di noi ha dentro, attribuite in maniera casuale per spargere un po’ di bellezza nel mondo, sta a ciascuno di noi coltivarle.
E per le spade laser?!
Unicorni e spade laser. Diciamo che non posso dire molto a riguardo, finirei per anticipare dettagli che al momento devono restare celati, ma a volte nella mia testa si combattono delle battaglie di razionalità e irrazionalità: l’irrazionalità sono questi piccoli unicorni coccolosi che saltellano qua e là facendo una gran confusione, le spade laser rappresentano la razionalità che arriva e cerca di portare ordine, punzecchiando qualche coda di unicorno.
Com’è nata l’idea per “Come miele e cannella”?
Assurdamente riesco a scrivere molto di più quando sono malinconica, forse perché scrivere mi aiuta a incanalare le emozioni e tirare fuori ciò che non so elaborare in altro modo. Mi viene spesso detto che scrivo cose troppo meste, solitamente rispondo sempre allo stesso modo, ossia rubando la frase che utilizzava Luigi Tenco quando gli chiedevano perché scrivesse cose tristi: “Perché quando sono felice, esco”. Questo libro nasce in un momento un po’ complicato della mia vita, quando ogni certezza si era sgretolata. Ho iniziato a scrivere per caso e ho continuato per necessità. Quando ho messo la parola “fine”, ho capito che mi sentivo meglio.
Raccontaci di Virginia, la protagonista.
Virginia è molto simile a me in certe cose e totalmente opposta in altre. Penso sia difficile non volerle bene, io l’ho amata fin da subito. Amo la sua ironia, il pungente senso dell’umorismo, la goffaggine, e invidio moltissimo la sua impulsività. Fino all’ultimo non sapevo se lei avrebbe avuto o meno il suo lieto fine, ma ci ho sperato e alla fine ho lasciato che scegliesse da sola quale strada percorrere.
Nel tuo romanzo c’è di fondo un messaggio importante. Quale?
Senza voler avere la pretesa di insegnare nulla a nessuno, penso però che il messaggio importante sia che ci dobbiamo concedere il lusso di fallire, di sbagliare, di intraprendere percorsi inadatti per capire chi vogliamo essere e come vogliamo esserlo. Per fare questo, bisogna fare pace con il passato, bisogna fare pace con noi stessi. Se non ci concediamo una tregua noi per primi, non possiamo pretendere magnanimità dagli altri.
Stai scrivendo qualcosa di nuovo?
Questo è un po’ come chiedermi se sto respirando. Sì, per forza. Continuerò a scrivere sempre, egoisticamente perché io ne ho bisogno… e se da questo moto di egoismo può nascere qualcosa che possa far stare bene anche chi lo legge, cercherò il modo di condividerlo. Alla fine credo che quando si scrive una storia, al di là di tutto, lo scopo sia toccare le corde dell’animo altrui. E se ciò avviene grazie a una risata, a una lacrima, o a una semplice riflessione, non ha importanza. Le anime vanno toccate con grazia, sono delicate, non andrebbe mai dimenticato.
Intervista a cura di Annalisa Panesi
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